Reati in materia di responsabilità medica e delle strutture sanitarie
Il decesso o, comunque, l’esito infausto di un intervento in ambito medico-sanitario impone di accertare o escludere le possibili responsabilità del medico-sanitario e della struttura ospedaliera. Le indagini difensive e la consulenza tecnica possono essere utili per cogliere da subito eventuali profili di colpa medica e tutelare l’interesse del paziente e dei famigliari ovvero del medico attinto dall’indagine penale.
Nell’ambito della responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie un ruolo importante è ricoperto dalla responsabilità penale per le condotte colpose realizzate da medici e sanitari in danno dei pazienti.
Al concetto di colpa medica sono associati, in particolare, i reati di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e di omicidio colposo (art. 589 c.p.) commessi nell’espletamento dell’attività medico-chirurgica ovvero, più in generale, sanitaria. Per questi reati è prevista, in astratto, anche l’applicazione di pene carcerarie, oltre alla sospensione ed interdizione dall’esercizio della professione medica.
A seguito della c.d. Legge Gelli-Bianco (Legge 8 marzo 2017, n. 24, in Gazzetta Ufficiale 17 marzo 2017, n. 64) l’art. 590 sexies c.p. esclude la responsabilità del medico quando la morte o le lesioni personali al paziente siano state cagionate a causa di imperizia, ma risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle “linee guida” come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette “linee guida” risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
La previgente legge c.d. Balduzzi (L. 189/2012) prevedeva, invece, all’art. 3 (ora abrogato) che: “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
Oggi, con il testo Gelli-Bianco (Legge n. 24/17) è stata eliminata la differenziazione del grado di colpa (colpa lieve e colpa grave) ed è stata prevista un’area di non punibilità per il medico che abbia realizzato la condotta imperita nel rispetto, comunque, delle “linee guida”.
Tuttavia, i problemi relativi alla circoscrivibilità della responsabilità medica non appaiono ancora totalmente superati: rimangono da sciogliere molti nodi interpretativi, e soprattutto applicativi, della normativa.
La pratica medica impone agli esercenti le professioni sanitarie (anestesisti, pediatri, chirurghi, psichiatri) di qualsiasi livello (primari, specializzandi, medici generici) di risolvere ogni giorno dubbi diagnostici e terapeutici, che sono spesso legati ad incertezze scientifiche od a complicanze imprevedibili. L’eventuale effetto lesivo che si verifica a seguito della condotta del medico si ripercuote, di riflesso, nella forte necessità del paziente e dei suoi familiari di ricorrere all’Autorità Giudiziaria al fine ottenere tutela ed il risarcimento del danno.
In queste ipotesi è necessario stabilire se il medico abbia agito con prudenza, perizia e diligenza: dovranno essere analizzate le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica avvalendosi anche dell’aiuto di esperti consulenti tecnici.
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