Stalking; anche sms e telefonate possono integrare il reato, se pongono il destinatario in un perdurante stato di ansia e paura

Cassazione Penale, Sez. III, 11 febbraio 2014, n. 6384

La massima

Lo “stalking” (art. 612 bis cod. pen.) – è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesaessendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 29872 del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv. 250399; Sez. 5, Sentenza n. 34015 del 22/06/2010 Cc. dep. 21/09/2010 Rv. 248412).

Il caso

Il Tribunale di Brescia  rigettava l’appello del Pubblico Ministero contro l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Bergamo che aveva respinto la richiesta di applicazione, nei confronti di A, della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa B.

Il Tribunale riteneva insussistenti gli elementi di colpevolezza del reato di stalking, che richiede un perdurante stato di ansia o di paura e non già una mera ripetizione di condotte lesive, osservando come il notevole flusso telefonico (sicuramente dal contenuto minaccioso) non era univocamente sintomatico di una condotta assillante tale da ingenerare il menzionato stato psichico, anche in considerazione del fatto che risultavano molte telefonate da parte della donna verso l’ex marito. Il Tribunale, pertanto, collegava i ripetuti tentativi di contattare la moglie anche con espressioni minacciose e ingiuriose in un contesto conflittuale tra ex coniugi e concludeva per la sussistenza degli estremi dell’ingiuria, minaccia e molestia, per i quali non è ammessa la misura cautelare.

Il Pubblico Ministero ricorreva per la cassazione del provvedimento, asserendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, sussistevano i gravi indizi di colpevolezza, avendo la parte offesa riferito di essere stata oggetto di numerose telefonate effettuate dal marito legalmente separato, di pedinamenti, di minacce, che le avevano creato un persistente stato di ansia e paura. Secondo il ricorrente, l’errore dei giudici di merito stava nel non avere proceduto ad una valutazione complessiva delle dichiarazioni della parte offesa.

La sentenza

La Cassazione ha ritenuto che il comportamento molesto dell’ex marito posto in essere col mezzo del telefono -caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e sms anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi- fosse assolutamente idoneo a generare quello stato di ansia e paura per la propria incolumità tipico dello stalking.                                                               

In conclusione, a nulla rileva, nè l’esistenza di chiamate della donna nè il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia – dato, quest’ultimo, che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant’è che l’art. 612 bis, al comma 2prevede addirittura come aggravante l’esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti.

Pertanto, il provvedimento impugnato deve essere annullato per nuovo esame da parte del giudice di rinvio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, in caso positivo, sull’esistenza delle esigenze cautelari.

Avv. Giuseppe Vito Anzelmo
Specialista in professioni legali
-Università degli Studi di Bari-